Per il Presidente Gabriele “la competitività del nostro settore richiede l’apertura di nuovi mercati e la defiscalizzazione dei servizi”
Giovedì 30 gennaio FederSicurezza ha preso parte al convegno “Mediterraneo. Società e Città Sicure”, organizzato alla Casa dell’Aviatore dal Gen. CC (R) Giuseppe Fausto Milillo, Presidente della Fondazione Italiana per la Legalità e lo Sviluppo.
Alla presenza dei deputati Stefano Candiani, sottosegretario all’Interno, e Angelo Tofalo, sottosegretario alla Difesa, e di altri autorevoli relatori esperti in materia, il Presidente Luigi Gabriele ha richiamato l’attenzione del Governo sul tema del partenariato pubblico/privato per la sicurezza dei cittadini sul territorio italiano e delle imprese italiane all'estero.
“Il Protocollo Mille Occhi sulla Città - ha ricordato Gabriele - ha funzionato perché le nostre pattuglie sono state un occhio attento e professionale in grado, in questo caso, di trasmettere con prontezza il segnale di alert alle forze dell’ordine. D’altra parte, siamo anche quelli che sostituiscono i marò sulle navi in funzione di antipirateria. Eppure, restiamo sempre la solita platea di 50.000 operatori con una qualificazione sempre più alta ed un riconoscimento del valore dei servizi sempre più scarso.
Il primo problema - spiega Gabriele - attiene inevitabilmente ai limiti posti ai nostri operatori e alle imprese. Il sistema degli anni ’30, in cui nasce la disciplina del nostro settore, non esiste più, ma l’impianto di fatto rimane lo stesso, perché permane la rigida distinzione tra persona fisica, che è competenza dello Stato, e bene materiale, che invece rientra nella competenza della sicurezza privata. Ma come può realisticamente la guardia giurata che controlla l’accesso ad un immobile fermarsi nel momento in cui il malintenzionato va oltre il bene materiale e cerca di aggredire la persona fisica? Sul tema riconosciamo che c’è stato un accenno di sensibilità sul punto da parte del Ministero, ma molto c’è ancora da fare.
Sono convinto - ha aggiunto Gabriele - che il controllo del territorio non possa che essere frutto di una sinergia, considerati i problemi che tutte le componenti del sistema sicurezza, singolarmente, sono costrette ad affrontare. E quando esiste una componente consistente come la nostra, disponibile sul mercato, professionalizzata, addestrata e costantemente aggiornata, che è in grado di creare valore aggiunto reale nella prestazione di un servizio di sicurezza, allora bisogna - e mi rivolgo ai rappresentanti del Governo - che ci sia un occhio di riguardo su alcune possibilità di intervento per agevolare l’esercizio questa attività di impresa, che tra l’altro non è una normale impresa commerciale, in cui la remunerazione del capitale investito può avere dei valori accettabili. Il trasporto valori, ad esempio, è un’attività che va fatta per forza, perché possiamo farla solo noi, ed è in perdita da quando esiste; l’attività di vigilanza privata scarsamente rasenta il pareggio: immaginate quindi la sofferenza di imprenditori e risorse umane che sono impiegate in questo settore, spesso alle stesse condizioni, e con gli stessi problemi, della forza pubblica.
Faccio un esempio - ha proseguito, incontrando l'approvazione degli on. Tofalo e Candiani -, una domanda retorica che ormai ripeto sempre nelle occasioni pubbliche: perché per leggere pago il 4% di iva, mentre per leggere in sicurezza mi tocca pagare l’iva al 22%? Perché non proviamo a pensare a cosa un regime di defiscalizzazione potrebbe portare in termini di risorse? Una volta abbiamo provato a sollevare il problema, e ci è stato risposto che le modifiche possono essere fatte solo a invarianza dei capitoli di bilancio dello Stato. Non è possibile un discorso del genere in un settore come il nostro che non vende beni di consumo, ma sicurezza complementare.
Se vogliamo essere veramente competitivi - ha concluso Gabriele - dobbiamo mettere questo comparto in condizione di lavorare, e per far lavorare questo comparto bisogna aprirgli i mercati. Noi siamo in grado di far molto, anzi moltissimo per la società civile, ma dobbiamo essere messi in condizioni di farlo perché altrimenti sono energie buttate, capitali di impresa persi, e viene meno la voglia dell’imprenditore, e dei lavoratori, comprensibilmente, di rischiare in questo settore”.
A.G.