Con la sentenza 1611/2020, resa nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre scorso, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, decidendo sul ricorso presentato da un istituto di vigilanza contro l’Azienda per il Diritto alla Studio Universitario della Campania, per l’affidamento del servizio di receptionist, portierato e vigilanza non armata, ha respinto il ricorso sulla base di motivazioni che, seppur non sconvolgenti, necessitano di un approfondimento.
Il primo motivo di doglianza ha riguardato la circostanza che i servizi oggetto di gara configuravano attività tipiche della vigilanza privata che, pertanto, necessitavano dell’impiego di guardie giurate. Il Consiglio di Stato ha, invece, osservato che “Nessuna delle prestazioni da affidare comporta un intervento attivo dell’operatore e quindi impone che quest’ultimo abbia la qualifica di guardia particolare giurata”.
Ad un’attenta lettura del bando di gara, emerge – ed in tal senso si è espresso il Consiglio di Stato - che le prestazioni oggetto della gara possono essere inquadrate nei servizi di portierato e reception che, a differenza della vigilanza che implica un’attività di difesa attiva del beni (e compete quindi alle sole guardie particolari giurate), si sostanziano in compiti di mera sorveglianza, di regolazione dell’accesso del pubblico, di attivazione e controllo di impianti di sicurezza, di vigilanza e di salvaguardia dell’integrità di beni e di impianti purché in maniera esclusivamente passiva.
Nel caso concreto, la stazione appaltante ha evidentemente realizzato un bando nel quale è riuscita a far emergere come le attività a gara (anche alcune quali il “mantenimento della sicurezza anticrimine”; la “prevenzione di danneggiamenti, sabotaggio, furti e deturpazioni”; il “rilievo di fatti compromettenti la sicurezza”; il “controllo di comportamenti impropri”, l’“intervento in caso di reato”; l’“allontanamento dalla struttura delle persone estranee) afferissero comunque all’alveo del servizio “finalizzato a favorire l’ordinata fruizione di beni mobili e immobili da parte dei dipendenti ADISURC, degli studenti universitari, degli ospiti, dei visitatori, e dei dipendenti delle ditte appaltatrici che svolgono servizio presso le singole strutture dell’ADISURC dislocate nella Provincia di Napoli”.
Ciò detto, per noi resta inconcepibile che il Consiglio di Stato possa ritenere che espressioni quale “mantenimento della sicurezza anticrimine”, “prevenzione di danneggiamenti, sabotaggio e furti” e, soprattutto, “intervento in caso di reato” possano annettersi alla categoria del portierato.
Sul secondo motivo di doglianza, la questione è, se possibile, ancora più complessa e potrebbe rivelarsi foriera di danni per tutto il settore della sicurezza. Si tratta, infatti, dell’attività di custodia svolta in orario notturno che, secondo quanto previsto dall’Allegato D del D.M. 269/2010, richiede necessariamente l’intervento delle guardie giurate.
Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso sostenendo che la prescrizione riguarda solo gli obiettivi sensibili e i siti con speciali esigenze di sicurezza.
Anche su questo punto la decisione dei giudici suscita non poche perplessità. Infatti, il punto 3.b.1 dell’Allegato D, dispone che “Ferme restando le definizioni sopra indicate nonché le previsioni dell’art.256 bis del Regolamento d’esecuzione, è affidata alle guardie giurate la custodia dei beni immobili e dei beni mobili in essi contenuti durante l’orario notturno o di chiusura al pubblico”, con ciò a significare che in generale durante l’orario notturno la vigilanza è delle guardie giurate! Il Consiglio di Stato ha invece ritenuto che la previsione riguardasse gli obiettivi sensibili e i siti con speciali esigenze di sicurezza, essendo inserita nel comma relativo appunto a tali fattispecie.
Federsicurezza (che ha partecipato ai lavori per la predisposizione del D.M. 269) sa invece che l’intento del legislatore è chiaro: la notte, quando le attività cessano, le esigenze di sicurezza aumentano e il bene non deve più essere fruito ma solo protetto, si verte in tema di vigilanza privata e quindi il servizio è esclusivo delle guardie giurate.
Si tratta quindi di un’interpretazione erronea, frutto magari di una semplice incomprensione lessicale del testo, ma che può produrre danni molto seri, soprattutto se sarà cavalcata – e in tal senso abbiamo già letto “erudite” dissertazioni – da chi da una vita si muove nella zona grigia tra l’attività di vigilanza e quella di portierato e offre servizi di vigilanza, senza avere le necessarie autorizzazioni, ed i relativi requisiti, e senza sostenere i costi connessi alla gestione di un istituto di vigilanza privata.
A questo punto è necessario prendere le opportune contromisure, a partire dal predisporre adeguati ricorsi per le future impugnative di bandi di gara simili a quello in questione, ma anche dal realizzare un fronte comune delle aziende certificate nel confronto con la committenza, puntando sulla qualità e sulla sicurezza dei servizi.
Ma per fare questo – e per tutto quello che ancora è necessario per il settore – è necessario avviare un serio confronto sulle nuove frontiere della sicurezza privata, con il coinvolgimento di tutte le parti sociali.
Questa è la strada che Federsicurezza/UNIV intende seguire per non vanificare 10 anni di sacrifici e per non cedere terreno a chi da sempre si arricchisce in danno delle aziende e dei lavoratori della vigilanza privata.
Vigilanza e servizi fiduciari sono due facce di una stessa medaglia che debbono integrarsi, nel rispetto delle regole, nel “sistema sicurezza” del Paese. E in questo sistema non può esserci più spazio per i furbi che pensano di piegare a proprio uso e consumo le regole, magari approfittando dello svarione di un Tribunale.