Per la Corte europea dei diritti dell’uomo il controllo da parte del datore di lavoratore non viola la privacy del lavoratore
Con una decisione quasi unanime – 6 voti a 1 – i giudici di Strasburgo hanno stabilito che il controllo, da parte del datore di lavoro, della mail aziendale del dipendente, non viola l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani, che tutela il rispetto della privacy nella vita privata, familiare e casalinga, e la relativa corrispondenza.
Controllo che può anche legittimare il licenziamento del lavoratore che, con l’utilizzo a fini personali di uno strumento di lavoro aziendale, comprometta, a giudizio dell’azienda, la sua produttività in ufficio.
Il caso all’esame della Corte nasce dal ricorso di un cittadino romeno licenziato dal datore di lavoro che aveva scoperto che la messaggeria aziendale veniva utilizzata del dipendente per parlare con il fratello e la fidanzata, infrangendo così le regole interne della società.
Inutile il tentativo del ricorrente di invocare la violazione del suo diritto alla privacy: secondo la Corte, oltre a non essere “irragionevole” che un datore di lavoro voglia verificare che i dipendenti portino a termine i propri incarichi durante l’orario di lavoro, l’accesso alla messaggeria aziendale era stato effettuato da parte di quest’ultimo nella convinzione di trovare solo comunicazioni di tipo professionale. In ogni caso, il contenuto delle comunicazioni personali intercettate, la cui riservatezza resta tutelata, non è stato utilizzato per legittimare il licenziamento.
In conclusione, per la Corte europea dei diritti dell’uomo, la giustizia romena, nel confermare la legittimità del licenziamento, ha trovato un buon equilibrio tra il diritto alla privacy del dipendente e gli interessi del suo datore di lavoro. Il tutto mentre in Italia si dibatte sui nuovi controlli a distanza previsti dal Jobs Act.
A.G.