Il solo consenso dei lavoratori non è sufficiente
Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22148 dell’8 maggio 2017, nel caso di un’azienda che aveva installato un impianto di videoripresa con telecamere collegate alla rete wi-fi, ritenendolo legittimo in quanto “suffragato” dal preventivo consenso dei lavoratori (che avevano testimoniato di essere a conoscenza del sistema installato), ha ribadito espressamente il principio stabilito dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori: in caso di installazione di telecamere o dispositivi idonei al controllo dei dipendenti non è sufficiente aver semplicemente chiesto e ottenuto il consenso dei lavoratori, ma è assolutamente necessario l’accordo tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali - o, in mancanza, con la Dtl competente -.
Il consenso - scritto o orale - prestato dai lavoratori, secondo la Corte, non vale infatti a sanare “la condotta del datore di lavoro che abbia installato i predetti impianti in violazione delle prescrizioni previste dalla legge”: l’iter autorizzativo previsto dalla legge deve in ogni caso essere rispettato, dal momento che l’accordo sindacale tutela interessi di carattere collettivo. Installare telecamere senza l’interlocuzione con le rappresentanze sindacali “produce l’oggettiva lesione degli interessi collettivi di cui le rappresentanze sindacali sono portatrici”, in quanto deputate a riscontrare se gli impianti abbiano o meno caratteristiche lesive della dignità dei lavoratori per la loro potenzialità di controllo a distanza, e se siano rispettate le specifiche esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro e di tutela del patrimonio aziendale previste dalla legge.
Il comportamento del datore di lavoro, pertanto, non integra solo una fattispecie di reato penale, ma anche di condotta antisindacale, censurabile con la procedura ex art. 28 dello Statuto dei lavoratori. Non solo: la Corte ha ricordato come lo stesso Garante per la protezione dei dati personali abbia “più volte ritenuto illecito il trattamento dei dati personali mediante sistemi di videosorveglianza, in assenza del rispetto delle garanzie di cui all’art. 4, comma 2, Stat. lav. e nonostante la sussistenza del consenso dei lavoratori” (relazione Garante per la protezione dei dati personali, per l’anno 2013, pubblicata nel 2014).
Con la sentenza in questione la Corte di Cassazione ha così mutato in maniera radicale il precedente orientamento giurisprudenziale in materia, in base al quale il reato contestato era da ritenersi insussistente ogniqualvolta, pur in mancanza di un preventivo assenso delle rappresentanze sindacali, venisse comunque riconosciuta la presenza di un consenso validamente espresso da parte dei lavoratori interessati (v. sentenza Banti, Cass. pen., sez. III, 17 aprile 2012, n. 22611).
In conclusione, pur in presenza del consenso - scritto o orale - dei dipendenti, le telecamere in azienda sono sempre vietate in caso di mancato rispetto delle garanzie previste dalla legge, ed il trattamento dei relativi dati personali rimane in ogni caso illecito.
In allegato il testo della sentenza Corte di Cassazione, III sez. pen., n. 22148 dell’8 maggio 2017.
A.G.