04 aprile 2017


 LA FILIERA DELLA SICUREZZA ALLA TAVOLA ROTONDA DI FEDERSICUREZZA 

Per il Presidente Gabriele “è il momento che l’intero indotto della sicurezza privata faccia squadra per far sentire la propria voce”

E’ stato un confronto produttivo e ricco di spunti ampiamente condivisi quello tra associazioni di categoria, sindacati, imprese e istituzioni presenti al Convegno di FederSicurezza del 30 marzo scorso, condotto in forma di tavola rotonda aperta al punto di vista di tutti gli attori della “filiera della sicurezza”. Un’occasione importante per portare sul piano pubblico la discussione sulle trattative in corso per il rinnovo del Ccnl di categoria e su temi altrettanto decisivi quali rappresentanza e rappresentatività, oltre che per presentare l’addendum all'annuale Report di settore, a cura di Format Research, basato sulle interviste ai player più rappresentativi del comparto per fasce dimensionali.

A trarre le fila del dibattito, come di consueto, Luigi Gabriele, Presidente di FederSicurezza, per il quale “i mali del settore hanno origine da una legge istitutiva del 1937, quando il contesto storico non consentiva uno “strapotere” in capo a forze alternative a quelle di emanazione statale. La realtà del nostro Paese è palesemente cambiata nel frattempo, e siamo diventati una componente essenziale del sistema di sicurezza nazionale. Ma siamo i primi a non volercene rendere conto, e a trincerarci - e lamentarci - dietro logiche ormai obsolete di blasoni da mantenere intatti e presunte nobiltà da difendere a spada tratta. La verità è che del nostro mondo, all’esterno, si conosce poco o niente: si parla di noi solo quando ci scappa il morto. Mi chiedo allora a che cosa serva continuare a dibattere inter nos sempre delle stesse cose, senza comprendere che dal 2007 ad oggi si sono spalancati i portoni di una realtà ben diversa dal capitalismo familiare di un comparto ormai di altri tempi.

C’è chi mi considera un soggetto “pericoloso” - ha scherzato Gabriele -, che non si sa dove voglia condurre questo mondo: in realtà, e lo dico con la massima trasparenza, il proposito di questa giornata non era altro che quello di portare il dibattito alla luce del sole, abbandonando tanto un politically correct assolutamente controproducente quanto quella dislessia comportamentale che, se da un lato ci fa sopravvivere annaspando per adeguarci alle richieste sempre più importanti del mercato, dall’altro ci lascia immobili nel sacro terrore di inquinare la “purezza” della vigilanza privata dei tempi andati, e ci impedisce di guardare oltre il nostro naso.

Confrontiamoci con l’Europa - ha proseguito -, in cui il settore della sicurezza privata detiene quote a dir poco enormi rispetto a noi: su 100.000 risorse umane, in proporzione, sono solo in 10.000 a portare l’arma. Con uno sforzo di lungimiranza qui potremmo arrivare ad allineare almeno 120.000 risorse e a metterle a regime in un unico contesto organico e funzionale, grazie ad uno strumento contrattuale che, invece di ingenerare la solita confusione, faccia una volta per tutte chiarezza. A tal proposito - ha aggiunto -, devo riconoscere di essere piacevolmente sorpreso dal clima disteso e collaborativo che si respira intorno al tavolo della contrattazione, e mi auguro che passi forte e chiaro il messaggio che non avremo mai nessuno a sostenerci realmente se non siamo noi i primi ad essere quantitativamente e qualitativamente capaci di farsi sentire.

Per riuscire a imporre le nostre ragioni dobbiamo “contare”, prima di tutto in termini di rappresentatività, e insieme i numeri li abbiamo. Ma per contare davvero - ha ribadito - dobbiamo anche, e necessariamente, abbandonare l’assurda logica del voler preservare strenuamente il “quarto di nobiltà” della vigilanza privata tradizionalmente intesa. La guardia armata decretata resterà sempre una figura professionale insostituibile, e manterrà sempre la sua area riservata. Ma il mercato e le nuove tecnologie stanno avanzando inesorabilmente, e non possiamo non adeguarci. La verità è che siamo pochi e ci ostiniamo a rimanere tali, mentre c’è un mercato a dir poco immenso che potremmo condividere. Ed è anche per questo che abbiamo bisogno di un Ccnl che sia realmente moderno e di ampio respiro che non lasci fuori nessuno per ragioni ormai obsolete di difesa della “razza”, che a ben vedere altro non fanno altro che alimentare i soggetti border line e le negatività del nostro mondo. O ci convinciamo - ha concluso Gabriele - che è il momento che l’intero indotto faccia squadra, senza aspettarci che sia sempre qualcun altro a prendere le nostre difese, o ci rassegniamo all’isolamento e alla conseguente logica di un perenne massimo ribasso”.

In allegato il Report di FederSicurezza.

A.G.