La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16195 del 30 luglio scorso, ha affermato un importante principio in tema di responsabilità degli istituti di vigilanza in caso di furto in appartamento subito dal cliente.
Nel caso all’esame della Corte, allo scattare del segnale d’allarme dell’appartamento del cliente, l’istituto di vigilanza non solo ometteva di avvertire la Polizia, ma tardava anche ad inviare la propria pattuglia che, tra l’altro, giungeva sul posto senza le chiavi dell’appartamento stesso, nel frattempo svaligiato dai ladri.
E’ evidente, in un caso del genere, la responsabilità contrattuale dell’istituto per aver omesso di adottare le misure convenute nel contratto di servizio stipulato con il cliente, o comunque necessarie a sventare tempestivamente il furto.
Responsabilità che, tra l’altro, si estende a tutti i beni compresi nel bene immobile oggetto del contratto: non solo, quindi, ai beni di proprietà del cliente contraente, ma anche a quelli del suo nucleo familiare, o di conviventi, e a quelli di proprietà di terzi affidati alla sua custodia.
Il servizio di vigilanza, infatti, non si riferisce singolarmente alla persona o al patrimonio personale del contraente, ma all’intero immobile che costituisce oggetto del contratto, e a tutto il suo contenuto, indipendentemente dal fatto che alcuni beni non appartengano al diretto contraente, ma ad altre persone (ovviamente, salvo diversa pattuizione).
La responsabilità dell’istituto di vigilanza, di conseguenza, obbliga quest’ultimo al risarcimento dei danni commisurato al valore di tutti i beni sottratti dall’appartamento, indipendentemente dalla proprietà degli stessi.
Con riferimento alla quantificazione dell’entità del risarcimento del danno, il cliente danneggiato avrebbe quindi dovuto, sia pur non potendo dimostrare l’entità precisa del danno subito, offrire almeno qualche prova testimoniale o presuntiva rispetto all’elenco dei beni rubati contenuti nella denuncia di furto. Cosa che, nel caso di specie, non è avvenuta.
In assenza di pezze giustificative e riscontri probatori di alcun genere, la Corte ha pertanto ritenuto corretta la valutazione del risarcimento del danno sulla base di un parametro diverso da quello consistente nella natura e nel valore – ignoti – dei beni rubati, e cioè con riferimento all’importo del corrispettivo pagato dal cliente all’istituto di vigilanza per il servizio non reso.
Una valutazione che la Corte ha ritenuto equa sia nei confronti del danneggiato, comprensibilmente sprovvisto di un inventario preciso e completo di tutti i beni esistenti nell’appartamento al momento del furto, corredato dalla stima di un professionista esterno, che del danneggiante, essendo la somma da risarcire parametrata all’importo del corrispettivo ricevuto dal cliente.